"BauForm" area di dibattito

BauForm
(Progettazione della forma)

Introduzione

"Dal “ villaggio globale ” di ieri alla “ città globale ” di oggi divisa da una periferia devastata da miseria, fame, guerre, contrapposta ad un centro in competizione tra nuova e vecchia economia. Questo è adesso il mondo: un’unica  grande città o, se si preferisce, due dimensioni urbane, centro e periferia, con i suoi abitanti   intercollegati  dalla rete telematica dove il tempo è lo spazio sono relativi. Prima la radio collegava il villaggio globale, oggi nella città globale opera il web. Una occasione per i produttori di forme percettive che ora possono abbattere le barriere che ieri rendevano difficile la comunicazione interattiva. Incoraggiato dal mezzo, oggi 16 luglio 2002  metto  in rete la  "BauForm", sperando che la  proposta venga recepita. Questo vuole essere un contributo alla realizzazione di quel progetto, ora in corso di compimento, che vede l’unificazione di ogni  forma di comunicazione sintetica (percettiva).  Senza porre limiti all'operare nella creatività, questo spazio tenta di essere così un punto di riferimento indefinito,  perchè  dinamico, e tende a mutare la superficialità in ragione compiuta anche con il contributo di ognuno inviando E-Mail con le proprie riflessioni, immagini,   testi, suoni, per un successivo inserimento nel   nostro,  che è anche il vostro, spazio web.

Maracalagonis 16 luglio 2002                                                                                                                                   Giosuè Marongiu"

bauform@bauform.it

a proposito di "pas de zero en conduite pour les enfants de trois ans " 

il piano che il governo francese sta varando, orientato a una osservazione  molto precoce dei disturbi  comportamentali nei bambini quale presunto percorso verso la delinquenza  evidentemente rispecchia, oltre ad un pensiero, il risultato della dinamica interna all'attuale status politico.  in qualche modo è una sintesi dove le moderne  acquisizioni pedagogiche  sono sottoposte alla mediazione della situazione politica,  e delle sue forze in campo.

detto questo comincerei dalla fine o meglio dal fine  che viene portato a giustificazione di   questo piano e cioè dall'affermazione secondo la quale questi disturbi  sarebbero i segni di un possibile percorso verso la delinquenza.

da come viene esposto il problema sembrerebbe che il fine primario evidenziato non sia:

 

1-                intervenire in modo adeguato nei rarissimi casi in cui esistono patologie di origine genetica

2-                non è evidenziare e prendere provvedimenti concreti attraverso misure politiche , economiche   preventive sulle cause ambientali  che portano un individuo sano ad avere problemi comportamentali

3-                non è analizzare dove inizi il problema comportamentale e dove il pregiudizio … in una società sempre più conformata come l'attuale

4-                non è prendere atto di una crisi transitoria  per superarla

5-                in definitiva non è il disagio della persona, o l'idea di mettere in campo strumenti didattici adeguati affinché il bambino viva questa importante fase della sua vita nel migliore modo possibile  in modo che questi primi anni si trasformino nella solida base necessaria all'individuo adulto

 

se da un lato non è escluso  che questo sia un  modo formalmente discutibile di porre un problema (magari?) sinceramente sentito, la sua formulazione implica tutta una serie di posizioni  discutibili.

se infatti, indipendentemente dalla  forte impronta moralistica,  è dato evidentemente gran rilievo all'aspetto della prevenzione attraverso lo strumento didattico. Questo fatto di per sé  non esclude la persistenza di un pregiudizio, sovente ereditato dal pensiero tradizionale, secondo il quale l'impronta del carattere nelle persone sarebbe determinata geneticamente (in principio, a priori … fatalisticamente) …

è proprio a partire da questa convinzione che si presume la necessità di sorvegliarne le possibili  tracce comportamentali;  nel migliore dei casi al fine di correggerle e tenerle sotto controllo, nel peggiore dei casi per documentare, segnalare e sottoporre le persone  a criteri di selezione e conseguente  inserimento nella società .

ma, se le persone si allarmano rispetto a queste iniziative è perché ancora oggi un problema importante come questo viene  affrontato a partire da un limite contingente:  niente di male in tutto questo!  basterebbe saperlo. servirebbe almeno a  ridurre le gravi conseguenze di una  comunicazione strumentale.

viene infatti  fatto leva sul diffuso senso di insicurezza per assicurarsi la copertura economica e politica necessaria per far fronte ad un intervento  che,  anche quando  necessario, lo sarebbe  certamente a partire  da diversi presupposti.

ma soprattutto viene fatta leva su di un pregiudizio duro a morire capace di condizionare qualsiasi intervento sia dal punto di vista pedagogico che concreto.  il pregiudizio secondo il quale  il peso del patrimonio genetico sia fatalisticamente condizionante a priori sul comportamento e lo sviluppo della personalità.  cosa non solo del tutto contestabile …

ma che, su queste basi e attraverso la diffusione di questo pensiero, dovrebbe essere considerata  dannosa, concausa stessa del problema  alla stregua dell'assunzione di  farmaci da parte di una persona sana.

troppe volte infatti viene confuso l'effetto con la causa così come  in una realtà senza soluzione di continuità vengono implicitamente accettati sillogismi in realtà non così scontati (nel contenuto piuttosto che nella loro logica concatenazione e/o viceversa).

e se nell'immediato e nel lungo termine  non è esclusa l'importanza della didattica e dell'aspetto del sostegno psicologico a partire dai primi anni di vita,  il rischio è che si tralasci di considerare  i  problemi ambientali altra concausa  scatenante i disagi.

la storia in questo senso è la prova più esaudente ed estesa immaginabile.  donne e intere classi di persone emarginate nei più disparati ambiti  perché in base a questo pregiudizio ritenute persino incapaci di pensare.   pregiudizi che  sono stati  la condizione stessa attraverso cui  si   concretizzavano  vere e proprie  atrofie delle potenzialità umane  a vantaggio di chi in modo più o meno cosciente non solo  li esercitava ma creava le condizioni materiali della loro esistenza (la povertà è il terreno più adatto in cui attecchiscono oscurantismi e pregiudizi). 

quanto detto potrà sembrare una banalità ma questa  differenza  è essenziale. è come se a partire da un dato oggettivo riscontrabile nella realtà si incrociassero due prospettive e interpretazioni differenti. 

se da un lato lo studio della pedagogia  ha evidenziato sempre più l'importanza dei primi anni di vita nello sviluppo psico-fisico dell'individuo attribuendo un'importanza fondamentale a questo momento dell'esistenza,  dall'altro non è possibile non considerare e denunciare  il rischio di una possibile contraffazione  e deformazione  a cui   questa considerazione si presta

(soprattutto, a mio parere  quando manipolata da un'ideologia di destra).

infatti se  è più che legittimo l' interesse rivolto  all'infanzia in tutte le sue fasi, d'altra parte è discutibile il modo e  preoccupante che possa essere messa in essere  una traccia  documentata, di tipo moralistico, condizionante tutta l'esistenza di una persona a partire dalla più tenera età.  esto, oltre a  denunciare  esattamente il pregiudizio accennato in precedenza, potrebbe inchiodare  l'individuo a un problema passeggero piuttosto che determinarne  la definitiva soluzione.

c'è un precedente che varrebbe la pena di prendere in considerazione e che vede il problema sollevato affrontato in maniera adeguata.

quando già qualche decennio fa nei quartieri più poveri e oggetto di discriminazione razziale degli stati uniti era stato riscontrato un basso rendimento scolastico da parte dei ragazzi provenienti da quelle aree, era stata predisposta  una sperimentazione davvero intelligente.

che consisteva in un intervento di alcune ore settimanali ad opera  di assistenti e psicologi che a partire dai primissimi anni di età seguivano i bambini proponendo loro giochi propedeutici atti a stimolare tutta una serie di potenzialità che per varie ragioni rischiavano di rimanere  inespresse. i risultati si sono rivelati  sorprendenti.

tutto dipende quindi dall'interpretazione e dal pregiudizio attraverso cui i fatti e i rimedi vengono affrontati.

i casi  in cui sussistono problemi genetici in realtà sono un'eccezione che conferma un'altra regola da sempre sottaciuta:

quella secondo la quale la funzionalità deile varie parti  dell'organismo umano è uguale per tutti.

infatti se su di un piano superficiale fisicamente sono riscontrabili differenze che farebbero pensare a familiarità e similartà piuttosto che di vera e propria uguaglianza , è anche vero che la funzionalità organica,  unita alle potenzialità di interazione  (tempo -spazio-ambiente-cultura) con l'esterno rendono del tutto irrilevanti e inessenziali queste differenze. mentre purtroppo  proprio a partire da questi elementi sovente  sono stati predisposti   sistemi selettivi discutibili.

se dovessimo parlare di cervello umano come tabula rasa, in termini semplificati potremmo affermare che con un  potenziale simile o pressoché uguale per tutti, è possibile  realizzare cose assai differenti.  questo fatto ha sempre ingannato molte persone portate a scambiare abilità acquisite per qualità innate con il benestare degli interessati che, o apprendevano inconsciamente e  così precocemente quelle abilità  da credere che queste fossero innate, oppure le gestivano al meglio.

il cervello umano  consta di milioni di gangli nervosi  geneticamente pre-disposti dalla nascita  e utilizzati solo parzialmente  … anche in questo senso la possibile  differenza tra individui non è determinante.    lo sviluppo di una struttura mentale adeguata che sembrerebbe determinarsi nella tridimensione, nel continuo mutamento delle innumerevoli connessioni neuronali, dipende molto dall'ambiente, dagli strumenti a disposizione (anche culturali), dagli stimoli in entrata e dalle elaborazioni che man mano si determinano attraverso il pensiero.

naturalmente noi stessi essendo  parte dell'ambiente non siamo estranei a questo processo.

altro discorso dunque sarebbe prendere in considerazione il fatto che l'esperienza in  casi particolari può determinare vere e proprie menomazioni  con conseguenze del tutto simili a  disfunzioni genetiche. che l'acquisizione di abilità sempre più specialistiche come quelle richieste nel mondo contemporaneo richiedono anni di applicazione e investimenti sociali.  questo mentre l'alienazione dei rapporti sociali  può  trasformare il vivere quotidiano  in una vera e propria tortura.

dunque se di genetica dovremmo parlare è in questo senso: quello secondo il quale tutti a parte qualche rarissima patologia sono in grado di apprendere la lingua del luogo in cui nascono e vivono, di organizzare patterns visivi, di distinguere milioni di sfumature di colori, di orientarsi nello spazio, riconoscere la fisionomia di una persona tra migliaia, leggere scrivere,  muoversi, riconoscere e selezionare un oggetto tra molti anche a partire  da un particolare  …

capacità cioè che in condizioni normali tutti sviluppano spontaneamente e che sono già di per sé indice dell'alto grado di intelligenza raggiunto da tutti gli individui della nostra specie. 

invece considerare ogni problema sotto la luce del pregiudizio   genetico  fa sì che questo si trasformi in un marchio indelebile, irreversibile perché accollato alla fisicità del corpo fino alla morte.    ogni azione, in questo contesto,  si trasformerebbe in una prova a carico di un ipotetico imputato mentre il sistema stressato in cui spesso viviamo potrebbe così trovare  un modo per giustificare molte ingiustizie.

in giappone pare che fino ad alcuni anni fa la selezione scolastica partisse già dalle scuole materne, in italia nei piccoli centri questo avveniva attraverso una discutibile memoria collettiva per cui una persona poteva  rimanere marchiata a vita anche ingiustamente … soprattutto se povera.

a partire da queste considerazioni vien da chiedersi:

strumenti attraverso cui migliorare e superare le possibili crisi che nella vita si possono presentare 

o

apparati di controllo attraverso cui amministrare  la società?

il pensiero conservatore da sempre vive la  contraddizione  tra la tendenza all'emancipazione, alla modernità, al miglioramento e la sua struttura ancora/ta nel passato attraverso cui condiziona e  ne è condizionato.

in passato abbiamo potuto constatare come, in modo  inquisitorio, puntando  i riflettori esclusivamente sulle responsabilità dell'individuo,  l'opinione pubblica sia stata distratta  dai gravi problemi politici in atto.

infine vorrei aggiungere che anche  in italia  il problema non è superato.  semplicemente non essendo mai stato formalizzato evita le conseguenze concrete di una sua razionalizzazione.

paola zorzi -                             biella-pralungo 22 marzo 2006

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